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GIUSTIZIA È FATTA, NO PAS-ARAN!

Giustizia è fatta, si è letto alcuni giorni fa su alcuni quotidiani nazionali a proposito della sentenza della Corte di Cassazione che bandisce dai tribunali l’alienazione parentale, strumento di esercizio di potere patriarcale, che è stato usato per anni in troppi tribunali italiani per allontanare figli e figlie dalle madri o per regolare il tempo da trascorrere con entrambi i genitori in modo ragionieristico, stravolgendo in modo intenzionale il senso della condivisione della responsabilità genitoriale, come intesa nella legge 54 del 2006 sull’affido condiviso, fino a rendere ormai necessario intervenire sulla legge per agire realmente a tutela degli interessi e del benessere di minori.

Giustizia è fatta, anche se il prezzo che in questi anni è stato pagato è stato altissimo.

Lo sa Laura Massaro, che ha condotto una vera e propria battaglia pubblica e legale per ribellarsi all’iniqua privazione della responsabilità genitoriale. Lo sanno tante altre donne, che pur rimanendo nell’anonimato, hanno subito dolorose CTU richieste da ex partner, spesso maltrattanti, al fine di dimostrare l’alienazione parentale.

Per anni hanno provato a promuovere il concetto di PAS, sindrome da alienazione parentale, un’invenzione, ma la PAS non è inclusa nell’attuale manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali perché la comunità scientifica non ha mai provato l’esistenza di questa sindrome. Hanno quindi eliminato il termine sindrome per non essere smentiti in contesto medico-psichiatrico e hanno iniziato a parlare semplicemente di alienazione parentale. 

L’espressione “alienazione parentale” si riferisce a situazioni nelle quali è in atto un processo di rifiuto psicologico da parte di un figlio o di una figlia di uno dei due genitori per via della presunta influenza dell’altro genitore. L’alienazione parentale viene anche declinata come “sindrome della madre malevola” o della “madre simbiotica” o ancora della “madre fusionale” oppure, in maniera più soft, come “conflitto di lealtà”.

I sostenitori dell’esistenza di tale “disturbo” ritengono che il genitore che ha per maggior tempo la custodia del figlio o della figlia eserciterebbe sul/la minore il potere di condizionamento inducendo il rifiuto verso l’altro genitore fino al disprezzo. Ciò accadrebbe soprattutto nell’ambito di separazioni coniugali o divorzi a elevata conflittualità.

In un paese come il nostro il peso della cura è quasi totalmente a carico delle donne, delle madri. A fine dicembre 2019 sono stati presentati i risultati dello studio “Bankitalia Gender gaps in the italian economy” ed è emerso che in Italia l’impegno dei padri in termini di tempo dedicato alla famiglia è di 8,13 ore a settimana, quello delle madri invece è di 29,68. Chi si occupa dei figli, delle figlie, chi cura i rapporti con la scuola, chi va dal/dalla pediatra, chi accompagna a fare sport o scuola di musica o qualsiasi altra attività in orario extrascolastico è prevalentemente la madre. È evidente che, soprattutto in un clima di elevata conflittualità, i bambini, le bambine vogliano rimanere con la figura con cui trascorrono la maggior parte del tempo, mentre spesso i padri ricordano di dover trascorrere una quantità di tempo analoga solo in occasione della separazione e innescano una vera e propria guerra con il supporto di periti di parte evidentemente misogini quanto loro.

E così, in nome di una pseudo sindrome, sono stati effettuati prelievi forzosi di minori dal luogo di residenza con la madre, causando traumi psicologici innegabili.

A causa di ciò tante donne hanno il timore di separarsi, di uscire anche da situazioni di violenza domestica agita in varie forme e restano in condizione di grande sofferenza, frustrazione, anche sottomissione pur di risparmiare ai figli e alle figlie questi traumi. Se il divario economico tra padre e madre è ampio o la madre è priva di reddito, l’asimmetria economica si traduce in asimmetria di potere e pone le madri nella difficoltà di separarsi.

Ora che i tribunali hanno un ostacolo posto dalla Cassazione, ora che ricorrere all’alienazione parentale diventa, si spera, più difficile se non impossibile, è necessario ragionare sulle scelte politiche da compiere in merito alla tutela di minori in caso di separazioni. 

È infatti molto importante accompagnare le coppie non solo durante la mediazione familiare, ma anche durante la fase di separazione, supportandole anche nel più difficile periodo di ricerca di un equilibrio, difficile da trovare soprattutto in caso di conflitto. Sarebbe importante il ruolo del terzo settore per garantire il supporto necessario, un supporto necessariamente laico e gratuito presente in ogni territorio di ogni regione.

Antonia Romano

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